Sulle parti e sui servizi comuni del condominio è possibile effettuare degli interventi detti “innovazioni”.
Il Codice Civile, all’articolo 1120 primo comma, stabilisce che “I condomini, con la maggioranza indicata al quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”.
Sebbene la disposizione riporti il concetto di innovazione, tuttavia il Codice Civile non riporta alcuna specifica definizione dello stesso.
È stata la Suprema Corte a colmare tale lacuna concettuale.
La Corte di Cassazione, con sentenza numero 12654/2006, ha espresso nei seguenti termini la nozione di innovazione.
Essa, secondo il giudice ermellino, è una modificazione materiale o funzionale che altera l’entità sostanziale della cosa comune o ne muta la destinazione originaria al fine di un miglioramento, uso più comodo o maggior rendimento di essa.
Dunque, non tutte le modificazioni costituiscono innovazione. Qualora non sussista novità della cosa comune mediante trasformazione, alterazione o cambiamento dell’originaria funzione o destinazione d’uso, allora non si può parlare di innovazione.
È possibile parlare di innovazione sia nel caso di costruzione di qualcosa che prima non esisteva sia nel caso di cambio destinazione e/o miglioramento di qualcosa già esistente.
A seconda che si tratti di innovazioni in senso proprio o di innovazioni agevolate, diversi sono i quorum deliberativi necessari in assemblea condominiale.
Occorre pertanto operare una distinzione tra le due nozioni e comprendere quali maggioranze richieda ciascuno dei due casi.
Le innovazioni in senso proprio sono disciplinate dall’articolo 1120 primo comma c.c.
Esse devono essere finalizzate al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento della cosa comune.
L’innovazione è consentita anche nel caso in cui essa comporti maggior godimento del servizio comune solo ad alcuni condomini, purché gli altri possano comunque godere della cosa comune senza limitazione o impedimento alcuno.
L’assemblea di condominio delibera sulle innovazioni in senso proprio con la maggioranza di cui all’articolo 1136 quinto comma c.c., che prevede la maggioranza degli intervenuti che rappresenti la metà del valore dell’edificio.
La delibra vincola tutti i condòmini a partecipare alle spese per l’innovazione, fatta salva l’eccezione di cui all’art 1121 c.c. che vedremo più avanti.
Le innovazioni agevolate sono disciplinate dall’articolo 1220 secondo comma c.c.
Esse sono deliberate con le maggioranze stabilite dall’articolo 1136 secondo comma c.c., ossia la maggioranza degli intervenuti che rappresenti un terzo del valore dell’edificio.
Con tale maggioranza, possono essere deliberate le seguenti tipologie di innovazioni:
1- Opere e interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
2- Opere e interventi volti a eliminare le barriere architettoniche, contenere il consumo energetico, realizzare parcheggi condominiali, produrre energia mediante fonti rinnovabili;
3- Installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo.
Di fronte a una richiesta di innovazione nei settori sopra descritti da parte di un condomino, l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro 30 giorni.
Comunque, non sempre le tipologie di interventi di cui al secondo comma dell’art. 1120 c.c. rientrano nell nozione di innoazione. Qualora non ci sia un cambio di destinazione d’uso o altro modo di utilizzazione del bene, si parla di interventi di natura straordinaria.
Le innovazioni vietate sono indicate nell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c.
Esse comprendono:
1. Interventi che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato;
2. Interventi che ne alterino il decoro architettonico;
3. Interventi che rendano tale parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento, anche di un solo condomino.
L’innovazione può anche consistere nella parziale demolizione e ricostruzione di un vecchio edificio. In tal caso, il pregiudizio della stabilità è da valutarsi ex ante, per cui non rilevano eventuali danni che si verifichino per lavori eseguiti scorrettamente.
Per la Suprema Corte, il decoro architettonico è “l’estetica del fabbricato così come risultante dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia e una specifica identità”.
Dunque, esso è una caratteristica positiva dell’edificio.
L’innovazione è dunque vietata qualora sia lesiva dello stesso decoro, alterando in modo visibile e significativo sull’estetica e sulll’identità dell’edificio.
Anche il regolamento condominiale può contenere disposizioni in merito al decoro architettonico per cui, nel caso in cui l’innovazione realizzata contrasti con lo stesso regolamento, l’opera è da ritenersi illegittima senza la necessità di ulteriori verifiche da parte del giudice.
Sono vietate le innovazioni che compromettano la facoltà di godimento di uno o più condomini; tuttavia non sono vietate le innovazioni che compromettano qualche facoltà di godimento per tutti i condomini
Se l’assemblea delibera positivamente su un’innovazione vietata, essa è considerata nulla e potrà essere impugnata da qualunque portatore di interesse.
Prima di approfondire la disciplina circa le innovazioni gravose o voluttarie, occorre definire i due concetti.
Si dicono gravose quelle innovazioni che comportano l’impiego di ingenti somme di denaro non proporzionate ai benefici che scaturiscono dall’intervento sulla cosa comune.
Si parla di innovazioni voluttarie, invece, quando l’intervento riguarda l’ammodernamento o il miglioramento puramente estetico di cose comuni già funzionanti alla perfezione.
Circa le innovazioni gravose o voluttuarie, è possibile rintracciare la disciplina nell’articolo 1121 del Codice Civile, che recita come riportiamo di seguito:
“Qualora l’innovazione comporti una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio e consista in opere, impianti e manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa”.
Prosegue l’art. 1121 c.c.: “Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita salvo che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa”.
Da quanto si deduce dal dettato normativo, la ratio dell’articolo è quella di tutelare i condomini dissenzienti che non vogliano partecipare alle spese non necessarie.
Il condomino contrario all’innovazione gravosa o voluttuaria deve manifestare la sua contrarietà in assemblea o, se assente, dovrà impugnare ex post la delibera assembleare.
Inoltre, l’art. 1121 c.c. stabilisce anche il criterio da adottare qualora il predetto condomino dissenziente ( o i suoi eredi) voglia partecipare successivamente all’innovazione.
Si legge, infatti: “...i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia in qualunque tempo partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera”.
Chiaramente, il condomino che partecipi in un secondo momento, dovrà pagare tutta la propria quota che ricomprende tutta la spesa occorsa, suddivida in misura proporzionale tra tutti i partecipanti.