L’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati è disciplinata dalla legge numero 13/1989, modificata dalla legge 27 febbraio 1989 n. 62, integrata dalla legge 5 febbraio 1992 n. 104. Dal 30 giugno 2003, inoltre, è in vigore il Testo Unico dell’Edilizia, che contiene disposizioni in merito.
Il decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 14 giugno 1989 n. 236 fissa le "Prescrizioni tecniche destinate a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata”.
L’art. 2 primo comma della legge 13/89 stabiliva che tutte le delibere relative all’abbattimento delle barriere architettoniche potessero essere adottate con le maggioranze speciali per le innovazioni di cui all’art. 1136 quinto comma c.c.
Secondo tale disposizione, infatti “Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'art.1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio”.
Tuttavia, la modifica introdotta dall’art. 1120 secondo comma n. 2 c.c. fa rientrare l’abbattimento delle barriere architettoniche nei casi in cui il quorum deliberativo sia quello fissato dall’art. 1136 secondo comma c.c.: “Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la meta' del valore dell'edificio”.
Se il condominio non delibera entro tre mesi dalla richiesta scritta di rimuovere le barriere architettoniche dell’edificio da parte del portatore di handicap, quest’ultimo può procedere a proprie spese, installando il servoscala o strutture mobili e facilmente removibili. Egli può anche procedere alla modifica dell’ampiezza delle porte.
Negli edifici condominiali, l’installazione di un impianto a uso esclusivo di una abitazione deve rispettare quanto stabilito dall’art. 1102 c.c. che stabilisce “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”.
Nel corso degli anni, alla luce di una costante evoluzione sociale che tende a dare risonanza e rilevanza ai diritti delle persone portatrici di handicap, la giurisprudenza condominiale ha cercato in misura sempre maggiore di pronunciarsi coerentemente con i principi di solidarietà sociale inseriti nel Testo Unico dell’Edilizia.
La magistratura è infatti andata spesso incontro alle esigenze dei disabili, privilegiando sovente l’applicazione dell’art. 1102 c.c. rispetto all’art. 1120 c.c.
Esemplificativa è una sentenza del Tribunale di Foggia del 29 giugno 1991, secondo cui il portatore di handicap può installare un ascensore nel vano scale anche ove sussista la violazione dell’art. 1120 secondo comma c.c. dovendosi contemperare l’eventuale modesto sacrificio subito dagli altri condomini con il prioritario interesse dell’handicappato a una vita sociale agevolata.
Inoltre, da citare è anche una sentenza del Tribunale di Napoli del 14 marzo 1994. Il giudice ha stabilito che le norme sull’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, di cui alla legge n. 13/1989, sono applicabili anche il favore delle persone ultrassesantacinquenni che hanno difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
Sul concetto di solidarietà si è espressa anche la Cassazione, in una sentenza del 5 agosto 2015. La Corte Suprema ha stabilito come segue. In tema di installazione di un ascensore in condominio e quindi di parti comuni negli edifici, la solidarietà costituisce principio generale di applicazione erga omnes e ad hoc: così, è consentita l’installazione di un ascensore, in quanto diretto a eliminare le barriere architettoniche, mediante delibera assunta con maggioranza speciale in deroga a quella qualificata codicistica. È quindi legittima e va pertanto confermata, la sentenza di merito con cui, accertati la presenza di condomini con problematiche di salute, l’adozione della delibera a maggioranza degli intervenuti rappresentanti la metà del valore dell’edificio, l’assenza di pregiudizi al passaggio di una persona anche seduta accompagnata e al decoro architettonico nonché di ostacoli all’eventuale passaggio di mezzi di soccorso e quindi la ratio decidendi, la relativa correttezza giuridica, l’assoluta esaustività e congruità logico-formale venga, di fatto, convalidata la delibera dell’assemblea condominiale.
La norma di riferimento in materia è il D.M. del 14 giugno 1989 n. 236 “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”.
La norma differenzia gli standard a seconda che si tratti di edifici di nuova costruzione o di edifici preesistenti da adeguare.
Nel primo caso devono essere presi in considerazione i seguenti parametri:
- cabina di dimensioni minime di 1,30 m di profondità e 0,95 m di larghezza
- porta con luce netta minima di 0,80 m sul lato corto.
- piattaforma minima di distribuzione, anteriormente alla parta della cabina, di 1,50x1,50 m.
Per i casi di adeguamento degli edifici esistenti la norma dispone le seguenti caratteristiche:
- cabina di dimensioni minime di 1,20 m di profondità e 0,80 m di larghezza;
- porta con luce netta minima di 0,75 m, posta sul lato corto;
- piattaforma minima di distribuzione, anteriormente alla parta della cabina, di 1,40-1,40 m.
Tali prescrizioni sono necessarie al fine di scongiurare il rischio che il nuovo ascensore installato sia esso stesso barriera architettonica.
Il TU Edilizia stabilisce che l’installazione dell’ascensore è possibile a seguito della richiesta del permesso a costruire, la denuncia di inizio attività DIA (ora abrogata) o la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Il permesso a costruire è necessario per le nuove costruzioni, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo se gli immobili sono sottoposti al vincolo.
La SCIA è invece necessaria per gli interventi di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo quando gli immobili non siano sottoposti a vincolo.
Inoltre, affinché i Vigili del Fuoco accettino l’ammissibilità dell’installazione dell’ascensore, occorre che venga acquisita l’attestazione dell’esame CE in fase di richiesta di parere sul progetto e la dichiarazione CE di conformità rilasciata dall’installatore in fase di richiesta del rilascio del certificato di prevenzione incendi.
Fonte: Manuale del Condominio, S., M. e L. Rezzonico, Maggioli Editore, 2023